Ana Mendieta: strappata dalla terra

01.06.2020

L'esperienza di una donna e del suo tentativo di metabolizzare l'inizio della sua nuova vita in un mondo non ancora intenzionato ad ascoltare la sua voce attraverso l'arte 

Scritto da Fra Demarinis

3 min.


Siluetas (Image from Yagul), 1973
Siluetas (Image from Yagul), 1973

Una sagoma, sempre la stessa, timbrata su diverse superfici. Questa è la rappresentazione che copre buona parte dei lavori dell'artista cubano-americana Ana Mendieta, morta tragicamente al termine dei suoi trent'anni.
Nata l'8 Novembre del 1948 nella città cubana di Havana; dopo solo dodici anni è spinta ad abbandonare la sua famiglia e terra natale trasferendosi negli Stati Uniti per vivere presso Dubuque in Iowa, accompagnata dalla sorella Raquelin, durante l'Operazione Peter Pan, un esodo clandestino di massa verso gli USA composto da oltre 14 000 bambini e ragazzi cubani non accompagnati presentatosi nel biennio 1960-1962.

Ana, introducendosi ad una nuova esistenza negli Stati Uniti come giovane donna di colore e immigrata, accolta in uno spazio che non le concede di vedersi come protagonista, ritrova una parte di casa nell'arte, in special modo nella pittura, che successivamente si evolverà in forme espressive più avanzate grazie ai suoi studi. Alla fine degli anni '60, inizia a frequentare l'Università di Iowa, ammettendo Hans Breder come mentore, nonché responsabile per averle fornito la video art e la performance come strumenti principali per poter esorcizzare il suo trauma ed esternare le sue personali percezioni relative all'essere una donna immigrata; gli stessi strumenti saranno i pilastri dell'Ana del futuro, oltre che le sue principali reliquie dopo la morte. Ella fa tesoro di ciò che impara e lo reinterpreta con carattere, unendo la performance e la body art e rendendole permanenti con una fotocamera o una videocamera. Trasferitasi a New York City alla fine degli anni '70 per conoscere nuove menti dell'arte, Mendieta conosce uno scultore, Carl Andre, che diverrà suo marito nel 1985, con cui si ritroverà a trascinare una relazione complicata.

Silueta en Fuego, 1976
Silueta en Fuego, 1976

La sua fama raggiunge il picco grazie ad una serie di opere intitolata "Silueta" [*1]: un progetto costituito da oltre 200 silhouettes della stessa donna: completamente nuda, a volte raffigurata con le mani in alto e vicine alla testa, altre posate sui fianchi; la sagoma viene intinta immobile su più materiali naturali: acqua, ghiaccio, terra e fuoco, a volte coperta da fiori o fango, rendendo il suo volto irriconoscibile. Attraverso questo progetto Mendieta si è permessa di esprimere concetti personali di maternità e di natura, quasi come se intendesse restituirsi alla sua terra madre, da cui è stata bruscamente divisa da bambina, perdendo tutto ciò che aveva di familiare.


«La fabbricazione della mia 'Silueta' mantiene la transizione tra dove sono nata e la mia nuova casa» disse descrivendo il suo progetto, «E' una maniera per risanare le mie radici e divenire un tutt'uno con la natura. Anche se la cultura in cui vivo è parte di me, le mie radici e la mia identità culturale sono un risultato del mio retaggio Cubano» [*2] Ana viene trovata morta nelle prime ore dell'8 Settembre, dopo un volo dal 34esimo piano del suo appartamento su Greenwich Village. Carl Andre, suo marito, è subito indagato per il suo omicidio grazie alla testimonianza dei loro vicini i quali, poco prima della caduta, avevano sentito i coniugi litigare rumorosamente.

Untitled (Snow Silueta), 1977
Untitled (Snow Silueta), 1977


Una registrazione della chiamata di Andre al 911 lo presenta affermando: «Mia moglie è un'artista ed io sono un artista, e abbiamo avuto un litigio sul fatto che, beh, io fossi più esposto al pubblico di quanto lo fosse lei. E si è diretta verso la camera da letto, e io l'ho seguita, e si è buttata dalla finestra» [*3]
Andre viene lasciato in libertà per mancanza di prove, ma le urla di protesta che non accettano la vaghezza della morte di sua moglie non lo hanno abbandonato.
Ana, invece, è rimasta lì: la sua sola sagoma premuta sul cemento di un marciapiede come se, finalmente, fosse giunto il momento di fare ritorno, una volta per tutte, nel ventre della terra, che ha riprodotto per due decenni della sua vita.

Fonti:

*1 https://blogs.uoregon.edu/anamendieta/2015/02/20/siluetas-series-1973-78/  

*2 https://www.nytimes.com/2018/09/19/obituaries/ana-mendieta-overlooked.html 

*3 https://en.wikipedia.org/wiki/Ana_Mendieta

Approfondimenti:

https://iperarte.net/ledonnedellarte/ana-mendieta/ 

https://www.darsmagazine.it/ana-mendieta-la-terra-come-una-tela-lanima-come-strumento/#.XtULEeSpWEc 

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