Coronavirus: effetti sull'alimentazione del terzo mondo

23.04.2020

Il COVID-19 potrebbe mietere ancora più vittime di quanto si pensi, seppur non direttamente. Gli spostamenti in molte nazioni sono limitati e rallentati, e in un mondo piccolo e collegato come il nostro, in cui nessun paese è davvero capace di non dipendere dagli altri, alcune zone potrebbero soffrire più di altre. Il Global Report on Food Crises, un rapporto stilato da 16 organizzazioni che studia la sicurezza alimentare in giro per il mondo, mostra dati preoccupanti. 

Scritto da Diego Racalbuto

3 min.

Uno dei primi dati proposti dal GRFC è il confronto tra il 2019 e il 2020. Infatti, comparando i 50 paesi presi in considerazione in entrambi gli anni, le persone che risultano in crisi o peggio, che su una scala da 1 a 5 significa 3 o più , sono passate da 112 a 123 milioni. Inoltre nel 2020 ben 183 milioni di persone sono considerate in Fase 2, a rischio di peggioramento in caso di interventi di altri fattori. Il report va anche ad indagare le cause dell'insicurezza alimentare in questi paesi, e nel 2019 più della metà delle persone in Fase 3 o superiore soffrivano per colpa di conflitti, non a caso i quattro paesi colpiti più gravemente erano Sudan del Sud, Yemen, Afghanistan e Siria. Sempre nel 2019 è stato registrato un aumento di casi legati a condizioni climatiche estreme.

I dati del report sono stati raccolti prima che venisse dichiarata la pandemia, nonostante ciò contiene delle considerazioni e delle stime su cosa ci si aspetta dal 2020. Presumibilmente lo Yemen rimarrà la nazione più colpita, a causa della guerra, del clima e dei parassiti nelle piantagioni, come ad esempio l'invasione di locuste peggiore degli ultimi 70 anni. E, a proposito, ho scoperto solo cercando informazioni per scrivere questo articolo che è ancora in corso. La pandemia e la recessione globale che ne può conseguire possono arrestare i rifornimenti di cibo, specialmente in contesti che sono già fragili. I sistemi sanitari, dove presenti, si riveleranno insufficienti e gli aiuti umanitari da paesi benestanti dovranno usare ancora più risorse per acquistare delle cure. Quasi sicuramente aumenterà la malnutrizione, specialmente tra i bambini, le donne in gestazione o in fase d'allattamento e i più anziani.

Oltre a quelli precedentemente citati, altri paesi a rischio sono i piccoli stati insulari in via di sviluppo e le nazioni che fondano la loro economia solo sull'esportazione del petrolio e sul turismo. Non producendo prodotti alimentari, i trasporti bloccati tra le nazioni e il crollo del prezzo del petrolio potrebbe portare questi paesi in gravissime situazioni economiche, al punto che gli approvvigionamenti potrebbero non essere garantiti riducendo alla fame le porzioni più povere delle popolazioni. Anche nella regione del Sahel, situata in Africa a sud del deserto del Sahara, le popolazioni nomadi come i Mauri, i Tuareg e i Fulani , potrebbero risentire della chiusura dei confini e gli potrebbe essere impedito lo spostamento da uno stato all'altro. La pandemia potrebbe anche peggiorare ulteriormente la precedentemente citata invasione di locuste, ostacolando le operazioni di controllo degli insetti.

Nel report viene anche fatto notare come i dati siano imparziali, non avendo avuto la possibilità di raccoglierne in paesi come il Congo, la Corea del Nord, l'Eritrea, il Kirghizistan, il Nepal, le Filippine e lo Sri Lanka, lanciando un appello ai governi di questi paesi, o di altri che pur permettendo la raccolta di dati non danno il giusto peso alla loro interpretazione, per riuscire a ottenere una collaborazione che possa aiutare a conoscerne meglio la situazione e, di conseguenza, a salvare più vite.

Le parole del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, richiamano i leader delle nazioni più ricche, affermando che ci siano già gli strumenti e le competenze per rispettare gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile fissati per il 2030 e che a mancare siano solo la volontà politica e un impegno duraturo, richiedendo un intervento immediato.

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