Cos’ha Joan Didion da insegnarci?

09.06.2020

Joan Didion rappresenta una delle personalità fondanti del giornalismo e della saggistica americana; attraverso il suo assetato spirito di reporter e la sua attenta sensibilità verso aspetti della vita di cui nessuno vuole parlare, risulta una timida maestra dalle cui conoscenze possiamo trarre qualcosa di brillante e renderlo nostro.

Scritto da Fra Demarinis

3 min.


Eccolo, in un oceano di voci che hanno istituito la storia del giornalismo, il tono pacato di una donna dal volto serio e sognante, di costituzione magra, spesso fotografata con una sigaretta accesa tra le dita: Joan Didion, una delle scrittrici e reporter più applaudite della storia americana (e mondiale), il cui acuto intelletto e naturale sensibilità all'analisi hanno costituito un pilastro essenziale del Nuovo Giornalismo. La Didion dimostra di essere un'intellettuale poliedrica: attraverso una produzione che conta articoli, saggi e romanzi in cui è stata capace di mettere nero su bianco tutto ciò di cui è stata testimone e ogni esperienza vissuta dalla sua stessa pelle: dal senso di annichilimento che accompagna un imminente divorzio al vuoto senza fondo che la morte di una persona amata ha il potere di generare.
Da una mente così luminosa che ha prodotto testi tanto diversi tra loro, quanto ricchi di vita e conoscenza, cosa possiamo imparare?

Joan Didion. Hollywood. Photo by Julian Wasser, 1968

La Didion, durante un'intervista svolta da suo nipote, rivela il significato essenziale di esaminare qualcosa quando ne siamo spaventati; è, realisticamente, un consiglio che soltanto una giornalista avrebbe potuto dare. «Sono cresciuta nell'Ovest, e avevamo sempre questa teoria secondo cui, se il serpente rimane visibile, non può morderti. E' un po' così che affronto il dolore. Voglio sapere dov'è»*1 dice, passeggiando tra i cespugli fioriti di un giardino, in una scena del documentario "Joan Didion: The Center Will Not Hold", facilmente reperibile sulla piattaforma streaming di Netflix.
In presenza di un punto dolente, una lama infilata nel dorso di cui non è chiara l'origine, la cosa più degna da fare secondo la scrittrice è sfilarla con cautela e interrogarsi, che ne è della radice? Dove posso osservarla? Esporsi al dolore significa renderlo visibile, scoprire il suo nascondiglio come si scoverebbe la tana di una serpe, studiarlo e reagire.


Grazie al contenuto delle sue opere di saggistica e critica socio-culturale più acclamate, come "Verso Betlemme" e "The White Album", la reporter regala un'importante prospettiva sul valore vitale della curiosità.
La Didion, nel corso del suo operato, agisce come se questa fosse l'unico vero motore della vitalità, una sete che costringe a trascinarsi fuori dall'ombra; la curiosità rende dinamici.
È lo stesso motore che l'ha portata a visitare per due settimane la Repubblica di El Salvador, allo scopo di scrivere un libro sul periodo di puro disordine che la nazione stava attraversando, causato dalla violenza sfrenata di una guerra civile e da un distruttivo terremoto esploso nel 1982. La Didion l'ha descritta come un'esperienza «terrificante»*2, definendo El Salvador «il posto più pericoloso che avrei mai potuto immaginare»*1, ma il verme della curiosità e la sua fame di conoscenza non l'hanno fermata neanche dinanzi ad un pericolo tanto evidente.


       Joan Didion, John Gregory Dunne and their daughter Quintana

Ultimo punto a cui fa grande riferimento è definito nella sua considerazione della vita come una materia di cui vale la pena scrivere sempre, in quanto soggetti alla sua stupenda e crudele imprevedibilità.
Joan Didion è una martire, sopravvissuta all'atrocità della vita dopo aver perso due degli elementi basilari su cui la sua stessa esistenza si ergeva: suo marito, John Gregory Dunne, stroncato da un infarto nel 2003, e dopo solo due anni Quintana, la loro unica figlia, morta per complicazioni dovute a una serie di malattie. La Didion scriverà e pubblicherà due libri nel corso del decennio successivo che copriranno entrambe le scomparse: sono rispettivamente, "L'Anno del Pensiero Magico" nel 2005 e "Blue Nights" nel 2011,*3 testi che conservano riflessioni preziose sul lutto e sulla resilienza dell'essere umano dinanzi alla spietatezza della mortalità. «Il motivo per cui ho dovuto scriverne è che nessuno mi aveva mai detto com'era. Alla fine si è rivelato un meccanismo di adattamento, ma non l'avevo pensato in quel modo»*1 risponde timidamente durante gli atti finali del suo documentario.
In un attimo in cui la vita le ha tolto tutto ciò che aveva di essenziale, la Didion ha rintracciato l'unico strumento a cui legarsi: la scrittura. Esorcizzando le sue esperienze su carta con cruda onestà e esaminando il dolore procurato dalle sue perdite non solo come scrittrice, ma anche come reporter, Joan Didion è riuscita a scovare la tana di quel serpente - e adesso sa dov'è il dolore.

Fonti:
*1 https://www.youtube.com/watch?v=99NaRJQzXiM
*2 https://en.wikipedia.org/wiki/Salvador_(book)
*3 https://en.wikipedia.org/wiki/Joan_Didion

Approfodimenti:

https://www.nytimes.com/2017/11/07/opinion/joan-didion-writing-documentary.html

https://thevision.com/cultura/joan-didion/
https://it.wikipedia.org/wiki/Nuovo_giornalismo


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