L’impossibilità di fermare una rivoluzione

21.06.2020

Non è raro che nella storia una rivoluzione non riesca a concludersi. Tra rimasugli di Governi caduti, opinioni contrastanti all'interno dell'opposizione e fazioni che ambiscono alla conquista del potere, riuscire a ottenere una riappacificazione di un Paese non è mai semplice.

Scritto da Diego Racalbuto

2 min.


A partire dal gesto di Mohamed Bouazizi, un venditore ambulante, che si è dato fuoco in segno di protesta contro il regime vigente in Tunisia nel 2010, è scaturita una serie di proteste in gran parte dei paesi nordafricani e mediorientali, passata alla storia come Primavera araba. La Tunisia è stata forse il Paese che più di tutti ne è uscito vincitore, riuscendo a instaurare un sistema democratico che, seppur ancora debole, potrebbe riuscire a terminare il processo di "occidentalizzazione". Purtroppo negli altri Paesi la situazione è più complicata, con scontri mai terminati o ricadute in guerre civili.

In Libia la rivoluzione è durata pochi mesi e si è conclusa con l'uccisione di Muammar Gheddafi, ma in seguito a essa delle istituzioni libiche era rimasto poco più che cenere, lasciando lo Stato in una situazione di anarchia tutt'oggi irrisolta. È a partire da ciò che nel 2014 è scoppiata la guerra civile di cui sentiamo parlare oggi, un intricato insieme di sete di potere interna e interessi di Nazioni straniere.

                                                         Fayez al-Sarraj                     Khalifa Haftar

Le due fazioni in guerra sono il Governo di Accordo Nazionale, attualmente guidato dal Presidente Fayez al-Sarraj, appoggiato dall'ONU e in particolar modo da Turchia, Qatar e Italia, e il Governo di Tobruk, guidato dal Generale Khalifa Haftar e sostenuto da potenze come la Russia, l'Egitto e, in minor parte, la Francia. Entrambe le fazioni contano tra i loro soldati membri di milizie e militari stranieri, importati da paesi vicini o interessati al conflitto, nonostante l'embargo posto dalle Nazioni Unite.

La situazione umanitaria in Libia è drammatica, i rifornimenti sono scarsi, i prezzi alle stelle. Come se non bastasse la presenza di milizie incontrollate sul territorio porta abusi, stupri e rapimenti. A finanziare le suddette milizie purtroppo siamo anche noi. Il Governo italiano ha infatti stretto un accordo col fine di bloccare i flussi migratori che attraversano il Mediterraneo con la Guardia costiera libica, un organo non realmente centralizzato che detiene i migranti in carceri in condizioni disumane, probabilmente affiliato con gli scafisti. Secondo le stime dell'ONU più di un milione di persone necessiterebbe di aiuti umanitari.

Da anni ormai si tenta di far firmare a entrambi i leader delle tregue, ma non si sono mai rivelate realmente efficaci o durature. Sono numerosissimi gli incontri per tentare di stringere degli accordi che possano condurre a una vera e propria pace, ma gli interessi in gioco sono alti e ci sono troppe parti interessate per poter realmente concorrere a una soluzione, a riprova del fatto che i problemi in certe aree del mondo continuino a essere portati dai Paesi occidentali, quelli che dovrebbero essere i più civili e democratici.

Fonti:

https://www.treccani.it/enciclopedia/primavera-araba

https://www.theguardian.com/world/2020/may/18/war-in-libya-how-did-it-start-what-happens-next

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2020/01/19/libia-conferenza-berlino-in-salita-haftar-blocca-il-petrolio-_95d818d9-fc70-43df-890f-6dd15c53ea19.html

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