La condizione dei bambini durante la II Guerra Mondiale

27.03.2020

I bambini sono l'espressione più viva della sensibilità e dell'innocenza umana. Proprio per questo, in condizioni di brutalità come quelle della seconda guerra mondiale sono spesso maltrattati e oppressi. Ma fino a che punto si sono spinte le ingiustizie nei loro confronti?

Scritto da Silvia Giunta

1 min.


L'olocausto fa accapponare la pelle qualunque sia il contesto in cui se ne parla, non a caso è stato classificato come crimine contro l'umanità. Ma quante volte ci siamo soffermati a riflettere sul destino dei più deboli tra i deboli, i bambini?

I bambini sono doppiamente inermi rispetto ad un adulto, ad un ragazzo, forse persino ad un anziano: non c'è malizia in molti di loro, non c'è la capacità di vedere e di reagire al male del mondo, né dal punto di vista fisico, né dal punto di vista etico. Eppure, tra le sei milioni di vittime ebree dei campi di concentramento i minori di dodici anni sono quasi un milione e mezzo. Un milione e mezzo di possibilità stroncate sul nascere, perché i più piccoli, nella maggior parte dei casi, appena arrivati nei lager venivano direttamente spediti alle camere a gas. Non potevano lavorare, rappresentavano dunque inutili bocche da sfamare. Scontavano con la pena capitale un'unica colpa: l'essere nati da genitori ebrei.

Ad ogni modo la Seconda Guerra Mondiale non risparmierà nessuno, decine di migliaia di bambini ROM, polacchi, russi e persino tedeschi gravati da handicap fisici o mentali, sono stati deportati nei campi di concentramento, per non farne mai ritorno.

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