La Crescita del Numero dei Virus e l'Industrializzazione
Negli ultimi decenni, abbiamo addistito a diverse epidemie, originatesi principalmente in Cina e in medio-oriente. Si è infatti notato un ritmo di comparsa di nuovi agenti patogeni con ritmi insoliti, proprio in quelle regioni dove l'allevamento ha subito una forte industrializzazione.
Scritto da Marco Castiglia
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Nel 2004, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l'Organizzazione Mondiale della Salute Animale (OIE) e l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO), segnalarono l'incremento della domanda di proteina animale e l'intensificazione della sua produzione industriale come principali cause dell'apparizione e propagazione di nuove malattie zoonotiche sconosciute, ossia di nuove patologie trasmesse dagli animali agli esseri umani.
Anche la Compassion in World Farming aveva pubblicato sull'argomento un interessante rapporto: l'associazione britannica aveva utilizzato dati della Banca mondiale e dell'Onu sull'industria dell'allevamento, facendo notare come con l'imposizione di un modello di allevamento massivo, cresceva parallelamente l'aumento delle infezioni resistenti agli antibiotici, rovinando i piccoli allevatori locali e promuovendo la crescita delle malattie trasmesse attraverso alimenti di origine animale.
Nonostante i dati e gli allarmi, non si è fatto nulla per frenare la crescita dell'allevamento industriale intensivo. Oggi, Cina e Australia concentrano il maggior numero di macro-fattorie del mondo. Nel gigante asiatico la popolazione degli animali allevati si è praticamente triplicata tra il 1980 (2,5%)e il 2010 (56%). Infatti la Cina concentra nel suo territorio il maggior numero di "landless systems" (sistemi senza terra), macro sfruttamento di allevamenti in cui si affollano migliaia di animali in spazi chiusi.
Le epidemie sono un prodotto dell'urbanizzazione. Quando circa cinquemila anni fa gli esseri umani cominciarono a raggrupparsi in città con una certa densità di popolazione, le infezioni poterono colpire simultaneamente grandi quantità di persone e i loro effetti mortali si moltiplicarono.
Il pericolo di pandemie come quella attuale si generalizzò quando il processo di urbanizzazione è diventato globale.
Se applichiamo questo ragionamento all'evoluzione della produzione di carne le conclusioni sono realmente inquietanti. In un periodo di cinquanta anni l'allevamento industriale ha "urbanizzato" una popolazione animale che prima si distribuiva in piccole e medie fattorie familiari. Le condizioni di affollamento di questa popolazione in macro-fattorie convertono ciascun animale in una sorta di potenziale laboratorio di mutazioni virali suscettibili di provocare nuove malattie e epidemie.
Fonti e approfondimenti: