La dissoluzione dell’Io

04.07.2020

Ogni epoca è segnata da avvenimenti particolari, che la rendono diversa dalle altre. Il secolo scorso porta su di sé il fardello non solo di due drammi come le guerra mondiali, ma anche il fardello di un cambio di mentalità che è sfociato nello sgretolamento dell'individualità. 
Scritto da Silvia Giunta

3  min. 


La crisi della coscienza che si è verificata nel Novecento, ha radici profonde, che ci portano indietro, fino all'inizio del diciannovesimo secolo, l'età del progresso scientifico, delle grandi invenzioni, e di due eventi sociopolitici che hanno influenzato a tal punto il modo di pensare e di comportarsi degli uomini dell'800, che sono state considerate vere e proprie rivoluzioni.

La prima e la seconda rivoluzione industriale, infatti, hanno mutato radicalmente l'approccio dell'uomo alla politica, all'economia e persino alla vita quotidiana. I nostri antenati si sono trovati davanti ad un cambiamento culturale che ha investito ogni ambito del nostro agire, e che, con il tempo, ha portato anche all'evoluzione di una nuova mentalità, di una nuova ideologia dominante, quella capitalista e positivista.

La logica del positivismo prevede una smodata fiducia nelle capacità dell'uomo e della scienza, quella del capitalismo, invece, comporta una strenua difesa degli interessi economici, che finiscono con l'influenzare e dettare ogni scelta (o quasi) che viene compiuta dallo stato.

È sull'onda di questi due principi che si arriva alle porte del Novecento, ed è in nome di essi, che si verifica la prima grande tragedia di questo secolo: la "Grande Guerra".

Il primo conflitto mondiale si scatena in nome degli interessi imperialistici (espressione delle esigenze delle grandi potenze capitaliste) che oppongono le diverse nazioni europee, ed è così che quella che sarebbe dovuta essere una "guerra lampo" arriva alla durata di cinque anni, in cui si combatte per il singolo lembo di terra e si conclude con un bilancio spaventoso: 8 milioni e mezzo di morti, senza contare i feriti, i dispersi, e i danni arrecati all'economia europea.

Ma l'effetto della Prima Guerra Mondiale non si limiterà a questo; essa rappresenta il fallimento degli ideali positivisti. Non c'è più spazio, nell'animo dell'uomo del '900, per la scienza, per l'ottimismo o per l'estetismo. Questo è il tempo del "male di vivere", della scoperta della fragilità umana, della crisi delle certezze.

Lo scorso secolo è stato un momento di profondo smarrimento per coloro che lo hanno vissuto. Gli orrori della guerra hanno messo in luce un lato della natura umana che dalla scienza era stato volutamente ignorato: l'irrazionalità.

Non è un caso, infatti, che il primo Novecento sia anche il momento in cui vengono pubblicati i primi studi di Freud nell'ambito della psicanalisi. Nel suo capolavoro ("L'interpretazione dei sogni") egli mette il mondo a conoscenza della spropositata influenza che l'inconscio esercita sulle nostre azioni. Da questa rivoluzionaria intuizione scaturisce una crisi esistenziale che non risparmia nessuno dei contemporanei di questo grandissimo scienziato, che ha tra l'altro notevolmente contribuito all'evoluzione del pensiero filosofico dell'età contemporanea.

Il Novecento insomma, rappresenta il culmine di questo processo di disgregazione delle certezze, che è comunque insito nella natura umana e che in fondo è solo la manifestazione più evidente di un'inquietudine che è connaturata in ciascuno di noi. 

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