La follia di Nietzsche
Può un disturbo psichico influenzare e limitare la produzione letteraria di un filosofo e la lucidità dei suoi ragionamenti?
Scritto da Isabella Ferro
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Fu nel 1889, un anno dopo la stesura delle sue ultime opere Ecce homo e Nietzsche contro Wagner, che cominciò il tracollo psichico del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche.
Attenendosi ad un episodio, considerato dai più leggendario, la prima crisi di Nietzsche avvenne pubblicamente il 3 gennaio 1889, durante il soggiorno del filosofo in Italia, a Torino.
Mentre si trovava a piazza Carignano, alla vista di un cavallo da traino fustigato dal cocchiere, Nietzsche abbracciò e baciò l'animale piangendo, cadendo poi a terra in preda agli spasmi.
I medici che hanno studiato il caso nietzschiano hanno formulato diversi ipotesi per cercare di spiegare a cosa fosse riconducibile la follia del filosofo tedesco: tra di esse figura la neurosifilide, diagnosticatagli all'epoca, ossia una malattia infettiva trasmissibile sessualmente, ma anche una psicosi maniaco-depressiva ed infine la sindrome CADASIL (una demenza ereditaria causata da micro-infarti celebrali multipli).
La comunità medica propenderebbe però per la sindrome CADASIL, dal momento che sia il padre sia il nonno di Nietzsche morirono a causa di una malattia celebrale non meglio identificata.
Ragionando invece in termini più "filosofici", il crollo psichico del filosofo sarebbe stato causato dal forte stress creativo cui si era sottoposto negli anni precedenti; a sostegno di questa ipotesi, vi sarebbe l'aforisma 146, estratto dall'opera Al di là del bene e del male (1886): "Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro. E se tu riguarderai a lungo in un abisso, anche l'abisso vorrà guardare dentro di te".
Subito dopo i primi segni del tracollo psichico, Nietzsche scrisse una serie di lettere, conosciute sotto il nome di "Biglietti della follia", le quali, pur mantenendo invariato lo stile tipico dell'autore, sono caratterizzate dalla presenza di argomenti dal contenuto delirante.
Le sopracitate lettere, indirizzate a personaggi famosi (come ad esempio il re d'Italia Umberto I di Savoia), conosciute o meno dal filosofo, furono firmate con pseudonimi come Dioniso, l'Anticristo, il Crocifisso.
L'anno dopo Nietzsche fu ricoverato in una clinica psichiatrica a Basilea, per poi passare sotto la tutela prima della madre e poi della sorella Elizabeth; nel frattempo le condizioni del filosofo si aggravarono, portandolo progressivamente a soffrire di amnesie, mutismo (fino alla perdita definitiva della parola nel 1894) e paralisi diffusa che lo costrinse sulla sedia a rotelle.
Morì nel 1900 di polmonite.
L'autobiografia Ecce Homo- come si diventa ciò che si è (1888), scritta negli ultimi anni di attività del filosofo, è stata considerata dai primi psicologi come un'opera folle, sebbene lo stesso Sigmund Freud fosse tra i suoi estimatori e avesse invitato i suoi colleghi, in una delle riunioni della società di Psicologia, a non sottovalutare la profondità di ragionamento e la lucidità dello scritto.
L'opinione della comunità filosofico-scientifica è mutata solamente in seguito, quando una rivalutazione della filosofia nietzschiana ha permesso di sviluppare l'idea che il pensiero del filosofo possa essere stato valorizzato, piuttosto che alterato, dalla propria malattia.
Comunque, è ormai universalmente concordato che la filosofia di un folle va valutata per la validità delle sue argomentazioni, perciò, di conseguenza, i filosofi odierni hanno classificato il rapporto filosofia/malattia come storicamente irrilevante.
Fonte:
https://www.corriere.it/cultura/libri/11_novembre_30/nietzsche-epistolario-1885-1889_d9367c76-1b59-11e1-915f-d227e00dc4bd.shtml