(II) La lettera di Archimede
«Archimede saluta Eratostene». Comincia con queste semplici parole una lettera che Archimede inviò all'amico Eratostene in un giorno imprecisabile del III secolo a.C. ovvero circa 2300 anni fa.
Scritto da L'Antichista
Da quando esiste la scrittura, la lettera è una delle forme di comunicazione più usuali e flessibili, adatta a trasmettere ogni tipo di messaggio dal più banale al più decisivo, dal più semplice al più elaborato, dal più confidenziale al più formale. Chiunque sappia scrivere ha avuto almeno una volta nella vita l'occasione di redigerne una, e chi non sa scrivere o leggere, al bisogno trova un amico o un conoscente che gli possa dare una mano. Oggi, poi, con la diffusione della messaggistica istantanea, si può dire che gran parte dell'umanità impiega molto tempo al giorno a scrivere... lettere.
Tra le migliaia di lettere che ci sono pervenute dall'antichità greca e latina, per limitarci all'ambito per noi più familiare, la lettera di Archimede merita particolare attenzione, per il suo autore, per il suo contenuto e per le circostanze assai avventurose attraverso le quali si è conservata.
Archimede, lo sapeva pure don Abbondio, fu uno dei più importanti scienziati dell'antichità. Visse prevalentemente a Siracusa, la sua città natale, nel III secolo a.C., e fu protagonista della strenua lotta che oppose la sua città alla potenza dei Romani, durante la seconda guerra punica. Alla fine, nel 212 a.C. Siracusa fu conquistata e Archimede ucciso, forse per errore: d'altra parte uno scienziato di tale fama, ancorché già più che settantenne, avrebbe fatto comodo ai vincitori.
L'aneddotica antica ce ne dà un'immagine stravagante e assai simpatica: l'episodio più noto è legato all'incarico da parte del sovrano di Siracusa Ierone II di scoprire se un orafo l'avesse ingannato sul peso di una corona d'oro. Mentre faceva il bagno in una vasca, Archimede escogitò il memorabile principio che porta il suo nome, e grazie al quale galleggiano e viaggiano per mare pesantissime navi da carico e portaerei. L'entusiasmo della scoperta lo indusse a uscire di casa completamente nudo gridando 'Eureka!'. Oggi sarebbe stato sottoposto ad un TSO o arrestato per oscenità.
Caso raro, è tra i pochissimi scienziati antichi di cui possiamo leggere scritti per intero, di aritmetica, geometria, meccanica, tutti di alta qualità e arduo approccio. La lettera a Eratostene è tra questi ed è nota tra gli esperti come il Metodo di Archimede, perché illustra una forma di calcolo in grado di risolvere complicati problemi di geometria e di meccanica: era l'avvio del calcolo infinitesimale, che avrebbe rivoluzionato la scienza 18 secoli dopo. A parte qualche amico dotto come Eratostene e una manciata di lettori nei secoli successivi, poche persone erano in grado di comprendere quel livello di profondità matematica. Purtroppo non possiamo sapere cosa sarebbe stata la storia della scienza se le idee e il metodo di Archimede avessero avuto una diffusione più estesa e rapida, anziché lentissima, come in realtà è avvenuto.
Curiosamente, però, almeno ai nostri occhi, la lettera sul Metodo sembra essere stata l'ultima tra le opere di Archimede a ricomparire sulla scena pubblica dopo più di due millenni.