La lotta delle strass francesi

13.05.2020

La lotta delle sexworker francesi va avanti dal 2009 e lottare per il riconoscimento degli stessi diritti di qualsiasi lavoratore significa lottare per l'emanciapazione di tutte quelle persone che lavorano in questo settore.

Scritto da Alessia Loi

2 min.


Vorrei parlare di sexworker senza scadere nei soliti paternalismi. Partiamo dalle basi, per sexworker si intende una lavoratrice o un lavoratore del sesso, quindi rientrano prostitute, escort, attori pornografici, modelli erotici, operatori di telefonia/webcam rosa, massaggiatori erotici, dominatrici professionali, ecc.

Le sexworker francesi, lanciano un messaggio forte sin dal 2009, anno della loro nascita. Questi lavoratori e lavoratrici si sono auto-organizzate nel sindacato Strass con obiettivi e rivendicazioni precise. Si impegnano a difendere i diritti di quelle persone che svolgono attività sessuale, ovvero qualsiasi forma di attività retribuita che coinvolge direttamente la sessualità della persona che la esercita. Combattono per il riconoscimento di questo lavoro e quindi contro le misure che ne ostacolano la libertà o lo lasciano senza legge ed insicuro. Puntano all'inclusività e all'eliminazione dell'emarginazione che tutti questi lavoratori subiscono costantemente. Un impegno molto forte lo stanno attuando sul fronte della lotta alle tratte e dello sfruttamento degli esseri umani, tra cui la prostituzione forzata e la schiavitù.
Tutte queste rivendicazioni sono tratte dal loro manifesto "Feminisme Pute", un chiaro messaggio di forza e volontà.

Uno tra i tanti temi trattati è la stigmatizzazione della "puttana", e quindi l'utilizzo di questa parola come insulto. Esso risiede nel fatto che nella prostituzione le donne osano esigere un compenso economico o materiale per i servizi sessuali resi e che, facendo ciò, si rende visibile che si tratta di lavoro e non di uno scambio "naturale". Questo stigma non riguarda solo le prostitute ma è un'arma contro tutte le donne. Vengono così divise ed etichettate dal patriarcato in due blocchi principali: lavoro sessuale di riproduzione o lavoro sessuale che ha come finalità il piacere (quasi sempre maschile). Da qui nasce anche l'esigenza di un cambio radicale del nome da prostituzione a sexwork o lavoro sessuale, questo termine ha il vantaggio di rendere subito visibile questo come un lavoro.

«La stigmatizzazione non diminuisce - tutto il contrario! - perché siamo spinte alla vergogna e al pentimento attraverso un "percorso di uscita dalla prostituzione" che è l'unica possibilità per la nostra condizione. Nessuno strumento reale è messo in campo per permettere di migliorare le nostre condizioni economiche per rifiutare lo sfruttamento del lavoro. [...] La penalizzazione ha ironicamente ridotto ancora di più il nostro potere, addirittura ha invertito il rapporto di forza in favore dei clienti, perché ci ha precarizzate esponendoci all'obbligo di accettare degli uomini e delle condizioni che prima potevamo rifiutare.» ribadiscono le Strass.

Fabrizio De André attraverso "Via del campo" (1967) ci restituisce delle immagini vivide dei personaggi: «una graziosa che vende a tutti la stessa rosa» sull'uscio del bordello, «una bambina» che rappresenta la speranza in mezzo al degrado ed un illuso che viene da altri ambienti, e che tuttavia crede di potersi maritare con quella «puttana», per impadronirsi di quel «paradiso che era solo lì al primo piano», ma lei non cambierà mai la sua vita.

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