Non siete Stato voi
Dove lo Stato non arriva vi è terreno fertile per la criminalità locale ed è ridicolo per un paese come l'Italia che siano dei singoli uomini a doversi rimboccare le maniche per cambiare le cose, perdendo la vita durante il semplice svolgimento delle proprie mansioni.
Scritto da Alessandro Averna
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È difficile stabilire quando sia nata la mafia, complice il fatto che fino alla fine degli anni '70 essa fosse, a detta di tutti, "inesistente". Nonostante in quegli anni vi fossero omicidi e stragi, i colpi di pistola erano considerati abituali. Il cittadino comune dava motivazioni banali del tipo: "lo ha ammazzato per una femmina", come se questa motivazione giustificasse un omicidio, perché sempre di omicidio di trattava, ma agli occhi del tempo era molto più comodo considerare quel che stava accadendo "semplici atti di barbarie" che autodiagnosticarsi il male col vero nome: "Mafia".
E se il comune cittadino, dal basso della sua ignoranza e impotenza, è parte volontaria o in ostaggio del sistema mafioso, ciò non può essere addotto come giustificazione a coloro che avrebbero avuto il potere di intervenire: infatti anche per i politici la mafia non è esistita per lungo tempo e quando è stata messa allo scoperto da dei singoli uomini, questi sono stati lasciati da soli, rei di aver aperto il vaso di Pandora.
Questo comportamento assume il nome specifico di "omertà" ed è presente all'interno della società siciliana ed italiana dagli albori dell'unificazione, nascendo proprio come potere locale in sostituzione di un potere nazionale latitante nei territori del Sud Italia. Il primo a portare alla luce la questione sarà Sidney Sonnino negli anni '80 del 1800, ma la faccenda avrà poca luce e sarà subito insabbiata.
Ci sono voluti più o meno cento anni per riportare all'attenzione nazionale il tutto. Infatti, negli '70 del '900 saranno dei singoli uomini, come tutti gli altri, semplicemente ossequiosi dei valori di giustizia e del proprio lavoro, a iniziare una vera e propria guerra contro la mafia. Lo Stato sarà neutrale, lascerà combattere singoli eroi, salendo sul loro carro nelle vittorie, distanziandosi dai fallimenti e spendendo qualche parola per il loro decesso. Moriranno in molti, innovatori e combattenti nella lotta contro la mafia, agenti in servizio di scorta, soldati e magistrati, ma anche giornalisti e semplici cittadini.
Il 23 Maggio 1992 viene portato via da una bomba Giovanni Falcone. Lui è riuscito ad arrivare più in là di un semplice riconoscimento del problema, infatti, con i colleghi del Pool antimafia, tra i quali gli ideatori, Rocco Chinnici e Antonino Caponnetto, e il collega-amico, Paolo Borsellino. Questo Pool porterà avanti il "maxi-processo", il primo vero colpo a Cosa Nostra. È per questo motivo che la mafia decide di uccidere Giovanni Falcone.
Sulla A29 Palermo-Mazara del Vallo, all'altezza di Isola delle Femmine, in direzione Palermo, vengono posti 400kg di tritolo ed ANFO, nel canale di drenaggio posto sotto lo svincolo per Capaci. Viene inoltre individuato un punto di controllo delle operazioni sulla collinetta che costeggia l'autostrada. Da lì Giovanni Brusca coordinerà le operazioni, avendo il bottone innescante a portata di mano e il tratto di autostrada sotto gli occhi. Il commando, organizzato da Salvatore Riina, sa quali sono le automobili del convoglio di Falcone ed evidentemente sa anche quando va a Roma e quando torna a Palermo. Inoltre un uomo di Cosa Nostra seguirà il convoglio su una strada parallela, fermandosi poi a debita distanza dopo aver avvertito Brusca, che si sarebbe fatto trovare appostato e pronto a premere.
Il 23 Maggio alle 17:58 le auto della scorta e quella di Falcone, che ha deciso di guidare lui stesso, facendo sedere l'autista sul retro, arrivano nel punto designato all'esplosione e Brusca preme il tasto che innesca lo scoppio. La prima auto, ospitante Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Diccillo, viene scaraventata a metri di distanza, contenente ormai i cadaveri dei 3 agenti; la seconda auto, quella di Falcone, urterà i materiali innalzati dallo scoppio, ottenendo lo stesso impatto che avrebbe potuto causare un muro e portando Giovanni Falcone e la moglie, Francesca Morvillo a riportare gravissime ferite; leggermente contusi l'autista passeggero e gli agenti della terza auto, i quali, una volta rinvenuti dal colpo, non curanti delle proprie ferite, si pongono a difesa dell'auto di Falcone, ond'evitare che i sicari vadano a infliggere il colpo finale.
Dalle case vicine arrivano gli abitanti che aiutano a prestare i primi soccorsi, si riesce ad estrarre l'autista, Costanza, e Francesca Morvillo, mentre Falcone è ancora incastrato. Arrivano polizia, ambulanza e vigili del fuoco, questi ultimi estraggono il giudice, e i secondi portano la coppia in ospedale. Purtroppo però non vi è nulla da fare, Giovanni Falcone e Francesca Morvillo muoiono a causa delle emorragie la stessa notte del 23 Maggio.
Viene subito aperta un'indagine che si concluderà diversi anni dopo con la condanna in contumacia all'ergastolo di tutti i partecipanti diretti e mandanti, ma ancora oggi rimane il dubbio sulla vera origine dell'attentato che ha visto iscritti nel registro degli indagati alte personalità politiche del calibro di Berlusconi e Dell'Utri, pur archiviando poi la pratica.
Fonti:
https://www.fondazionefalcone.it/biografia/
https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Capaci
Approfondimenti:
https://www.wikimafia.it/wiki/index.php?title=Maxiprocesso_di_Palermo