(III) Palinsesto, chi era costui?

19.05.2020

«Nulla è come sembra» non è soltanto una frase ad effetto, un titolo di un film o il passaggio di una canzone, ma spesso anche ciò che esattamente accade. Per scoprire il 'colpevole' o rivelare un segreto, è necessario saper leggere la realtà che ci circonda, guardando anche dietro le righe di un vecchio manoscritto di 800 anni fa.

Scritto dal prof. Giuseppe Ventimiglia


Si sa che le cose antiche hanno un prezzo molto alto. Eppure nel caso del manoscritto battuto all'asta da Christie's, né la sola antichità né la convulsa geografia delle sue avventure, una vera Odissea se vogliamo, spiegano il prezzo finale di vendita pagato dall'attuale proprietario, che non ha dovuto faticare per avere la meglio su una sparuta concorrenza: di fatto, soltanto il Governo greco era disposto ad acquistare il libro, ma non certo a quella cifra, mentre il Patriarcato di Costantinopoli rivendicava la semplice restituzione di un bene sottratto illegalmente settant'anni prima.

Inoltre, per quanto nella civiltà cristiana la dimensione della preghiera sia molto importante, un libretto per l'uso di un monastero non è un oggetto particolarmente pregiato: niente a che vedere con i magnifici codici miniati, giustamente contesi da musei e collezionisti di tutto il mondo.

Il fatto è che il manoscritto è ben più di quello che appare, e per scoprirlo bisogna guardare letteralmente dietro le righe, come fece agli inizi del XX secolo un grande studioso danese Ludwig Heiberg, rivelandone il segreto: il manoscritto di preghiere era un palinsesto. Un palinsesto?

Per capirlo meglio, dobbiamo tornare indietro al 1229 e al lavoro dell'amanuense o degli amanuensi, giocando un po' con l'immaginazione. Dunque, al monastero occorre un nuovo libro che raccolga le preghiere, forse perché i monaci sono aumentati di numero, o perché il libro usato fino ad allora è andato smarrito o distrutto, o ancora perché bisognava rimettere ordine e rimpolpare con nuove preghiere la precedente dotazione: non lo sappiamo.

Oggi rifornirsi di libri è estremamente semplice: basta andare in libreria o collegarsi su un sito di e-commerce per acquistare praticamente tutto quello che si vuole in qualsiasi lingua; senza dire che la tecnologia digitale permette di leggere comodamente su un dispositivo elettronico qualsiasi cosa, portandosi letteralmente appresso una biblioteca sconfinata. La stessa tecnologia consente di produrre al computer libri personali, pescando nell'infinito mare di Internet, se non si ha il talento o la voglia di scrivere qualcosa di originale.

800 anni fa neppure esisteva la stampa, tutti i libri venivano confezionati interamente a mano e la carta non era, come oggi, merce diffusa e a buon mercato. Il tipo di carta più usato per confezionare libri era la cosiddetta pergamena, costosa e laboriosa da preparare ma in compenso assai resistente e soprattutto riutilizzabile. La pergamena non è altro che pelle di animali conciata e tagliata in forma di grandi fogli che venivano ripiegati, scritti e poi uniti in fascicoli di quattro fogli, detti quaternioni. Un certo numero di quaternioni veniva infine rilegato in forma di libro.

Nel monastero era presente un libro in pergamena vecchio di circa trecento anni e sufficientemente grande. Purtroppo per i monaci e per il libro, esso conteneva opere incomprensibili di antichi autori, il cui contenuto non fu ritenuto utile al punto da dover essere tramandato ai posteri. Quel vecchio libro fu squadernato, i fogli separati e tagliati a metà, la vecchia scrittura fu cancellata. I nuovi fogli erano così pronti per ospitare la nuova scrittura e per far parte del nuovo libro, che tecnicamente sarebbe diventato un 'palinsesto', un termine di origine greca che indica appunto un 'libro riscritto': un eccellente esempio dell'antica arte di risparmiare, riciclando materiali ancora buoni. A conti fatti, il manoscritto che oggi si trova a Baltimora è composto con pelli di pecore uccise più di mille anni fa!

GV

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